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Publié par Alessandro Zabini




Estate 1768




Il fiume crosciava tra le foreste come un tuono remoto nel crepuscolo silenzioso. Nel buio degli alberi secolari ardevano i fuochi di un bivacco. Fioche si riflettevano le fiamme guizzanti sui fucili Pennsylvania di quindici backwoodsman, che pigramente riposavano in attesa che la cena fosse pronta. Celeri e silenti s’involavano le civette dai loro nidi nei tronchi cavi.

«Una volta conobbi a Fort Pitt alcuni trafficanti ritornati dal Kentucky», raccontò Simon Girty, avvolgendo di stoppa il cavastracci. «E tutti assicurarono di non aver mai veduto nessun luogo altrettanto bello.» Pennsylvaniano d’origine irlandese, Simon era vigoroso e massiccio, ma molto agile. Alto circa un metro e settantacinque, aveva portamento solenne, chioma nera e collo corto, occhi neri e penetranti nel rotondo viso dai bei lineamenti. Era il capo della compagnia. «Mi dissero che nelle vaste foreste del Kentucky», aggiunse, «si può vivere in abbondanza eterna e in assoluta libertà.» Infilato il cavastracci nella bocca del suo fucile Pennsylvania, cominciò a pulire la lunga canna.

In silenzio, gli altri attesero che Simon continuasse il suo racconto.

«I canneti si stendono a perdita d’occhio e i pascoli sono lussureggianti», riprese Girty. «Orsi e bisonti, wapiti e cervi, si radunano a centinaia intorno alle sorgenti salate, e a moltitudini popolano i boschi. I tacchini sono così numerosi che in un’ora potremmo ammazzarne abbastanza da nutrirci per una settimana, se in questa stagione non fossero così magri e coperti di zecche, che per mangiarli sarebbe necessario non soltanto spennarli, ma anche scuoiarli...» Sorridendo, Simon sfilò la bacchetta dalla canna. «Non si può credere alla meravigliosa fertilità del Kentucky senza esserne stati testimoni! Là tutto assume una dignità e uno splendore che non si trovano in alcun’altra parte del mondo. I fiori hanno tutte le tinte che la natura può creare, e sono più belli e profumati di quelli del più incantevole giardino. L’aria è così dolce e voluttuosa che inebria, e al tempo stesso rinvigorisce. Là tutto colma di delizia e di gioia di vivere. Il paradiso terrestre dove Adamo ha vissuto dev’essere stato simile al Kentucky!»

Per qualche istante Simon tacque, scrutando i borderer, che provenivano come lui dalla Pennsylvania. George Morgan, che al villaggio di Kaskaskia, in Illinois, curava gli affari della compagnia di cui era socio, la Baynton, Wharton & Morgan di Philadelphia, li aveva assunti tutti come cacciatori e battellieri per sei sterline l’anno, più vitto, alloggio, e una percentuale sui proventi della caccia. Con loro, Girty aveva compiuto milletrecento miglia giù per il grande fiume Ohio da Fort Pitt all’Illinois. Quando Morgan aveva organizzato una spedizione di caccia in Kentucky, Simon ne aveva ricevuto il comando. E con la sua compagnia aveva sceso in piroga prima il fiume Kaskaskia, poi l’immenso Mississippi.

Mentre gli altri cacciatori sembravano meditare sulle sue parole, Simon concluse: «Questo è quello che mi hanno detto alcuni trafficanti degni di fede. Quando saremo in Kentucky, vedremo coi nostri occhi...»

Un backwoodsman scrutò Girty: «E gl’Indiani?»

Simon tolse la stoppa sporca dal cavastracci: «Nessun popolo indiano abita in Kentucky», rispose. «Né i Delaware e gl’Illinois, né i Cherokee e i Catawba, né gli Shawnee. Lo chiamano Middle Ground, Territorio di Mezzo, perché separa il paese degl’Indiani del Nord da quello degl’Indiani del Sud. E lo chiamano anche Bloody Ground, Territorio Sanguinoso, perché in passato vi si sono combattute molte guerre terribili fra tribù nemiche. Il nome Kentucky deriva però dalla parola iroquois kenta-ke, ossia “luogo dei campi” o “prateria”...»

«Se tutto quel che ti hanno detto è vero», intervenne un borderman,  con un sorriso, «allora per noi non sarà difficile prender molte pelli, pellicce e grasso d’orso. E più ne prenderemo, più guadagneremo!»

«Come ho detto», Simon annuì, «il Kentucky è disabitato. Comunque tutti gl’Indiani che ho nominato e altri ancora, ma soprattutto Shawnee e Cherokee, vanno in Kentucky a cacciare. È la loro immensa riserva di caccia. Inoltre lo considerano un territorio sacro, perché vi si trovano molte tombe della più remota antichità.» Così dicendo, Simon arretrò il cane del fucile. «Shawnee e Cherokee non tollerano che i Bianchi vadano là ad ammazzare orsi, cervi e castori. Dunque ci converrà stare all’erta...» E imbracciò il fucile, mirò verso la buia foresta, premette il grilletto: il cane scattò a vuoto.





(From Alec Zayford, La pista rossa, Bologna, 1990, pp. 5-6)
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