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Publié par Alessandro Zabini





Nulla dimostra che Ynys Witrin fosse il nome originario del luogo nella lingua dei Britanni. È parimenti indimostrato che l’abbazia di Glastonbury esistesse prima dell’epoca dei Sassoni. Nessun testo gallese anteriore al XII secolo menziona Glastonbury. Anche l’assenza di qualsiasi connessione arcaica fra quest’ultima e Giuseppe di Arimatea, l’altro elemento che permette di identificarla con Avalon e con il Graal, risulta confermata dagli studi recenti. Forse Ynys Witrin è semplicemente la versione gallese di Glastonbury, e non il contrario. Di sicuro non compare in nessun documento prima degli inizi del XIII secolo, non è affatto prevalente nelle fonti gallesi precedenti, e successivamente resta raro.

L’ etimologia fornita da Caradoc può essere spiegata con un fraintendimento dovuto all’assonanza fra l’inglese antico glæs (glass, «vetro») e il gallico glastum (woad, «guado»), corrispondente al latino vitrum, che non significa soltanto «vetro», bensì anche, appunto, woad, «guado»—«Omnes vero se Britanni vitro inficiunt», ovvero «Tutti i Britanni poi si tingono col guado», testimonia Cesare (De Bello Gallico, V.xiv). In altre parole, Urbs vitrea potrebbe significare più probabilmente «città del guado», o «città in cui si lavorava l’indaco». E infatti Glastonbury era una cittadina mercantile fra paludi e canali, dominata dalla Tor, che svettava solitaria fra le paludi.

Il primo dei versi di Tennyson citati più sopra rimanda, oltre che ad Erec, al Joseph di Robert de Boron, ove si accenna alle Vaus de Avaron, che sono spesso interpretate come un riferimento alle paludi pianeggianti intorno a Glastonbury. Tuttavia non risulta granché chiaro per quali ragioni «valli» dovrebbe riferirsi a «paludi pianeggianti», quando potrebbe essere più probabilmente riferito, per esempio, alla valle profonda del fiume Neb, per la quale Perceval giunge di fronte al castello del Graal sull’isola di Avalon, ovvero l’isolotto di San Patrizio, presso la costa occidentale di Man.

Nel Perlesvaus, quando Anguselus vi si reca a visitare la tomba di Ganhumara, Avalon viene descritta in un modo che potrebbe far pensare alla valle di Robert de Boron. Tuttavia l’anonimo autore dell’opera afferma, nel colophon, che l’originale da cui ha tratto il proprio materiale proveniva da una «holy house of religion» sull’Isola di Avalon, dove Arthur e Ganhumara erano sepolti, talché sembra alludere a Glastonbury. Di sicuro, è questa l’identificazione prevalente fra gli studiosi. A questo proposito, però, Norma Lorre Goodrich obietta che l’autore del Perlesvaus si confonde e commette errori, tentando di adattare la geografia della sua fonte antica a quella di Glastonbury, nell’intento di identificare quest’ultima con Avalon, e non fornisce alcuna prova a conferma di tale identificazione. Non riferisce di alcuna traversata di distesa equorea per giungere ad Avalon; descrive un’altura impervia e ripida che a Glastonbury non esiste; soprattutto descrive il tetto di piombo della cappella, che fu costruito soltanto nel 1186, per sostituire quello in legno che un incendio aveva distrutto, e che durante il regno di Arthur non era mai esistito.











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