Overblog
Editer l'article Suivre ce blog Administration + Créer mon blog

Publié par Alessandro Zabini





Blair, Kansas, 13 Ottobre 1954



Il sospetto che fosse un’aggressione delle luci aliene fu graduale, mentre l’azzurro incupiva all’orizzonte e le nuvole di tempesta si ammassavano ad oscurare il cielo sopra la pianura, benché le previsioni meteorologiche avessero annunciato tempo sereno, sole, nessuna precipitazione. Non era un temporale naturale, però non poteva essere neppure un effetto del cannone spaziale, che era disattivato, coperto e puntato all’indietro, verso il suolo.

La certezza, invece, fu improvvisa: Robert McCullough seppe, con una sensazione inequivocabile, che erano stati i visitatori alieni a provocare la tempesta che stava per abbattersi su di lui, sulla sua famiglia e sull’autocarro, che trasportava anche le attrezzature scientifiche e fotografiche.
 
Subito dopo, mentre i lampi, guizzando da una nube all’altra, si susseguivano a squarciare la semioscurità, nel cielo chiaro, ad oriente, sotto le nubi nere e tumultuanti, comparve una luce gialla che sembrava la luna: una sfera enorme, fulgida di luce simile a nebbia. Era tardo pomeriggio, ma non era ancora la luna. McCullough fu sicuro di non sbagliare, perché aveva già visto tante luci come quelle, nel cielo sopra Orgonon, che ormai era in grado di riconoscerle senza incertezze. E non si trattò di un’allucinazione: anche sua figlia vide la luce gialla, prima che scomparisse. Comunque, essa rimase visibile soltanto per pochi istanti.

Negli ultimi anni, McCullough aveva assistito ad altri portenti. Originario dello Utah, biologo, aveva lavorato per un anno alla facoltà di biologia dell’Università del New Hampshire. Molto interessato all’orgonomia, la scienza dell’energia cosmica vitale, e in particolare ai suoi aspetti biologici e fisici, era diventato collaboratore del dottor Wilhelm Reich, lo scopritore dell’energia orgonica cosmica, nella primavera del 1953. Si era dedicato con entusiasmo alla ricerca, benché diviso fra il desiderio di confermare l’esistenza dell’energia cosmica e i dubbi sulla sua realtà effettiva, che non poteva fare a meno di nutrire nel proprio intimo. Con il passare dei mesi, poco a poco, era cambiato. In lui si era insinuata l’impressione di non essere affatto un biologo, anzi, d’ignorare tutto della biologia. Talvolta, questa sensazione si era trasformata in una consapevolezza folgorante.

Poi, si era reso conto di non sapere nulla, di non essere nulla. Allora, il mondo immutabile, statico e sicuro che aveva sempre conosciuto si era dissolto: tutto era cambiato, diventando fluido, vivo, pulsante. Privo di certezze, si era sentito abbandonato a se stesso. Aveva cercato, spaventato, di trovare di nuovo qualcosa di solido a cui aggrapparsi, sino a quando aveva compreso quale fosse invece la necessità. Finalmente, si era affidato al flusso, cominciando a nuotare. Non aveva perduto del tutto i dubbi, però aveva sviluppato un nuovo punto di vista: giacché viveva e percepiva in modo nuovo, era come rinato.

Così era entrato nel mondo del dottor Reich. Partecipando agli esperimenti atmosferici, aveva scoperto che lo spazio era vivo: aveva potuto sentirlo, accarezzarlo, come un essere vivente e palpitante. Aveva studiato e combattuto le sostanze che lo ferivano, per ucciderlo poco a poco: la foschia e le nubi letali che stagnavano nel cielo, la sostanza nera simile a pulviscolo che da esse cadeva a disidratare gli alberi e a disgregare la roccia. Aveva osservato e combattuto ciò che forse le produceva: le luci aliene.

Poco dopo la scomparsa del globo giallo e splendente, apparve nel cielo, a nord-ovest, una luce bianca lampeggiante, che si spostò da destra a sinistra, rispetto all’autocarro, in silenzio, senza il minimo rumore. Non poteva essere un aeroplano: era troppo veloce e troppo silenziosa. Inoltre, nessun aereo si sarebbe mai addentrato nella tempesta, e neppure avrebbe volato al di sotto delle nuvole. Ancora una volta, McCullough provò la sensazione di essere sorvegliato da esseri viventi provenienti dallo spazio esterno. Poi caddero le prime gocce.

La pioggia fu violentissima: McCullough non aveva mai avuto occasione di assistere ad alcunché di paragonabile. Si rimise in viaggio con la famiglia, e soltanto dopo avere percorso venti miglia verso occidente, riuscì finalmente ad uscire dalla tempesta.

Alle dieci di sera, il bollettino meteorologico di Kansas City annunciò tornadi da sud-ovest a nord-est in tutta quella regione del Kansas e del Missouri. La stazione meteorologica più vicina, quella di Atchison, nel Kansas, venti miglia a sud-ovest della località in cui si trovavano i McCullough, riferì che in meno di un’ora erano caduti 2,37 pollici di pioggia.

Tutto ciò confermò l’impressione di McCullough. Forse le luci aliene volevano danneggiare il cannone spaziale, vale a dire l’unico apparecchio terrestre che fosse in grado di annientarle. Molto probabilmente, intendevano ostacolare l’operazione che il dottor Reich si accingeva a compiere nel deserto dell’Arizona. McCullough sapeva che gli alieni disponevano di una tecnica molto più sofisticata di quella dell’Orgone Institute per sfruttare l’energia cosmica, quindi era possibilissimo che avessero provocato la tempesta. Dopotutto, anche i nubifugatori avevano ottenuto effetti simili. E col cannone spaziale il dottor Reich era riuscito persino a spegnere alcune luci aliene.



Il ristorante della morte



(From Alessandro Zabini, Wilhelm Reich e il segreto dei dischi volanti, Roma, Tre Editori, 1996, pp. 3-5)


Pour être informé des derniers articles, inscrivez vous :
Commenter cet article