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È un’isola nell’oceano, il luogo dove Ganhumara è prigioniera—è di vetro, o lo sembra—trasparente e luminosa come se fosse di vetro—«e/o contiene una montagna di cristallo»—Isola Fortunata, isola dei sogni, «dove il mese di maggio è dolcissimo e dura tutto l’anno», «coperta di fiori e di alberi tropicali», e priva di serpenti—«la terra estiva di Voirre, o Gorre», la terra da cui non si torna—una palude, un fiume, e intorno il mare—una fortezza sull’isola—un castello di fronte al quale scorre un fiume nero, profondo, impetuoso—il fiume Neb, che sfocia dirimpetto all’isoletta con la fortezza che guarda sul Mare d’Irlanda. È nel regno di re Urien, nemico di Arthur, ed è governata dal mago Bademagus.

Soltanto Anguselus e Ganhumara conoscono «la strada sicura», il tragitto che permette, durante la bassa marea,  di raggiungere il castello del Graal sull’isolotto di San Patrizio, che guarda l’Irlanda—il castello protetto dal mare tempestoso, in cui sono cresciuti insieme. È stata Ganhumara, fanciulla, a trarre Anguselus «dal lago appena in tempo per salvargli la vita», quando era ancora soltanto un bambino orfano e abbandonato.  Sua madre, una regina, lo aveva affidato a una ninfa delle acque, una fata—in Irlandese, una sacerdotessa—la Regina delle Fate, la Dama del Lago, che lo ha allevato a Man, rifugio e capitale spirituale dei Pitti, dove i principi reali dell’antica britannia erano istruiti nella sicurezza e nell’isolamento, e preparati a regnare, prima di essere inviati a governare o a riconquistare i reami il cui trono era vacante. Forse era il secondo gemello della fata Morgue, che non lo riconobbe per paura di essere messa a morte, perché i gemelli erano considerati figli del diavolo. Forse era il primogenito, e Modred il secondogenito.

Nella fortezza sull’isola, in cui la tiene prigioniera, Meleagant maltratta la regina, la frusta, e tenta di stuprarla—invano, a causa della resistenza che ella oppone—ma lo stupro ha la funzione di privarla del suo potere, della sua indipendenza, della sua sovranità, della sua proprietà, del suo regno, ovvero della sua eredità—il regno di Gorre, che per qualche ragione aveva perduto, e alla quale aveva diritto anche Anguselus—e forse la Tavola Rotonda.






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