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Publié par Alessandro Zabini





Si apprende che l’isola di Glastonbury era chiamata anche Insula Avalloniae soltanto più tardi, in De antiquitate Glastoniensis ecclesiae, in cui si legge che alcune provincie meridionali dell’Inghilterra erano state occupate da dodici fratelli provenienti dal settentrione, fra cui Glasteing. Perduta la propria scrofa, questi la inseguì per diverse contrade prima di ritrovarla nei pressi di Glastonbury, sotto un melo, tranquillamente intenta ad allattare i suoi porcellini. Nell’esplorarla, trovò quella zona così piena di risorse, che vi si stabilì e vi rimase per tutta la vita. Il nome in Bretone della contrada, successivamente popolata dai suoi discendenti, era Yneswitrin, tradotto in seguito, nella lingua dei conquistatori angli, Glastinbiry, forse derivato da Glasteing. Tuttavia essa era detta comunemente anche Isola di Avallonie, ovvero «isola delle mele», giacché avalla in Bretone significava «mele». L’aveva così chiamata Glasteing, sia perché vi aveva ritrovato la scrofa sotto un melo, sia perché le mele erano molto rare in quella regione. D’altronde, poteva anche darsi che essa avesse preso il nome da un certo Avalloc, che l’aveva abitata con le figlie perché offriva asilo segreto.

Prima di tentare di spiegare questa molteplice etimologia, occorre ricordare che De antiquitate Glastoniensis ecclesiae, sebbene composta dall’illustre storico Guglielmo di Malmesbury, fu ispirata dai monaci di Glastonbury, i quali intesero favorire gli interessi della loro abbazia imponendone l’autorità e comprovandone l’antichità, la storia e la reputazione, mediante la produzione di documenti in gran parte falsi, redatti appositamente, nonché per mezzo della diffusione di leggende e di credenze abilmente fabbricate a questo scopo.

La composizione dell’opera, in cui furono raccolti tutti i materiali utili a dimostrare il prestigio dell’abbazia e «la legittimità di tutte le sue rivendicazioni spirituali e temporali», si sviluppò fra il 1129 e il 1139 all’incirca, talché il testo fu soggetto nel corso degli anni a continue e successive aggiunte, modifiche ed interpolazioni, inclusa quella che identificava Glastonbury con Avalon.

Il testo originale della prima pubblicazione non è conservato, tuttavia l’analisi delle interpolazioni e delle aggiunte ha consentito di stabilire che non conteneva alcun accenno ad Arthur, né a Giuseppe di Arimatea, tramite il quale l’abbazia fu successivamente connessa alla storia del Graal. Come dimostra l’uso della grafia Avallo, anziché Avallonia, impiegata in tutti gli altri luoghi dell’opera, l’aggiunta arthuriana più antica deriva da Goffredo e non è anteriore al 1135.

Altre interpolazioni sono state individuate confrontando De antiquitate con Gesta regum Anglorum, dello stesso Guglielmo di Malmesbury. Nella seconda edizione di quest’opera, successiva al 1135, compaiono informazioni assenti nella prima, però presenti in De antiquitate, che l’autore aveva composto nel frattempo. Nella prima edizione di Gesta regum Anglorum non si parla affatto della famosissima scoperta della presunta tomba di Arthur e Ganhumara a Glastonbury, bensì si afferma che la tomba di Arthur era ignota. Sulla base delle testimonianze dell’epoca, ampiamente citate, è stato dimostrato che re Arthur fu falsamente connesso alla tomba scoperta a Glastonbury nel 1190 o nel 1191, per il profitto dell’abbazia medesima. In precedenza non si trova alcuna menzione di tale connessione. Con questa falsificazione, i monaci non riuscirono soltanto a stringere ancora di più il legame fra Arthur e Glastonbury, ma anche ad infliggere un duro colpo all’antica tradizione bretone secondo cui il re non era morto e sarebbe ritornato. Insomma, tutto il materiale concernente Arthur che si trova nel De antiquitate fu interpolato successivamente alla Historia di Goffredo e a Gesta regum Anglorum di Guglielmo di Malmesbury. Nessun documento precedente collega Arthur a Glastonbury.

Sono posteriori al 1135 anche le interpolazioni in cui si afferma che i primi predicatori cristiani arrivarono all’«isola di Avalon» nel 166, che vi scoprirono la chiesa fondata da dodici discepoli di Cristo nel 103, e che prima ancora vi giunse Giuseppe di Arimatea.









Note

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